Nuovo piano sangue

Claudio Velati, classe 1950, attuale Presidente della Società Italiana di Medicina Trasfusionale e Immunoematologia, è da qualche mese il nuovo Direttore del Centro Regionale Sangue dell’Emilia-Romagna. Trasferitosi dalla Lombardia, appena insediato ha intrapreso una serie di visite per fare la conoscenza del personale e dei dirigenti, e per vedere le strutture e i contesti che fanno parte del nostro sistema trasfusionale. L’abbiamo intervistato per farci raccontare le sue impressioni e i suoi progetti per il futuro del Sistema sangue nella nostra regione.

  Come ha trovato il sistema trasfusionale emiliano-romagnolo, provenendo da un’altra realtà? Ho completato il giro dei servizi trasfusionali e della rete ospedaliera da poco. Ho trovato molta competenza e una grande attenzione da parte dei direttori e del personale, e una rete forte e validissima. Ho trovato un mondo del volontariato particolarmente attivo. Un sistema nel suo complesso molto vivace con enormi potenzialità. Il bilancio è in generale positivo anche se ci sono tante disomogeneità nei sistemi di raccolta delle varie zone della regione. Mi è parso che ci si muova secondo abitudini e tradizioni consolidate nel tempo. Le prassi diverse andrebbero tutte portate a un adeguamento comune. Ci sono esperienze importanti, come l’Officina Trasfusionale dell’Area Vasta di Pievesestina: un modello interessante ma non l’unico che può portare risultati ottimali. Vorrei dare il mio contributo sperimentando anche altre soluzioni. Per Bologna immagino ad esempio di impiegare spazi e personale che siano già all’interno dell’Ospedale Maggiore. Questa soluzione non solo ci permetterebbe di lavorare su economie di scala ma ci metterebbe nella condizione ideale per concertare la validazione e la lavorazione del sangue con tutte le professionalità esistenti. Se le competenze sono vicine tra loro è più facile il confronto e lo scambio.

  In epoca di austerità nella spesa pubblica questo modello organizzativo dovrebbe anche arginare i danni dei tagli lineari? Ritengo che un adeguamento della rete trasfusionale possa essere una sfida e anche un’opportunità. Un buon servizio non è necessariamente un servizio costoso. Per il mondo trasfusionale essere costretti a rivedere in tempo di crisi certi meccanismi ci permette di diventare più moderni, di ridisegnare le nostre priorità cercando la soluzione migliore. Il mio obiettivo non è certo tagliare ma organizzare tutto il Sistema sangue al meglio, in modo da non sprecare neanche un centesimo dei soldi pubblici, e potendo disporre di risorse là dove occorrono davvero.  

A proposito di priorità, può darci qualche anticipazione sul nuovo Piano Sangue? Quali sono le sue idee in proposito, quali novità vorrebbe introdurre? Innanzitutto il nuovo Piano dovrà prevedere l’adeguamento della rete trasfusionale al modello organizzativo della sanità in Regione e quindi la strutturazione per Aree Vaste. Questo modello valorizza le attività che traggono maggior beneficio dalle economie di scala e quindi è mia intenzione, appunto, rendere omogenee sia le analisi di validazione sia la lavorazione del sangue su tutto il territorio regionale: ovunque il medesimo standard di qualità e sicurezza. Un esempio è ciò che abbiamo fatto con il West Nile Virus Test. Tutti i donatori che hanno soggiornato nelle zone a rischio sono stati sottoposti al NAT e tutti i campioni sono stati analizzati al Centro Trasfusionale di Bologna, con gli stessi criteri e strumenti, dalla stessa equipe. Individuare alcuni centri di riferimento per aree rende più semplice fare confronti e statistiche, capire prima e meglio le nuove necessità della raccolta e occuparsi del sangue in maniera globale: la donazione innanzi tutto, ma anche anche l’immunoematologia, le cellule staminali… Un’altra idea che ho è quella di riorganizzare la raccolta di sangue e plasma. La distribuzione territoriale così capillare non è più necessaria: in regione abbiamo 319 punti di raccolta, è impossibile fornire un servizio adeguato agli standard che ci vengono richiesti. Meglio avere un minor numero di centri, ma attrezzati e moderni, come ad esempio la Casa dei Donatori di Sangue di Bologna. Da una parte questo è importante per prenderci cura dei nostri donatori, perché significa accoglierli in un luogo bello e funzionale, spazioso, con uno staff medico e infermieristico stabile che li conosce uno ad uno. E’ molto meglio andare a donare in un luogo così, dove il personale non viene chiamato per l’occasione e saltuariamente e dove nessuno viene mandato a far colazione con un buono all’esterno della struttura ma può ordinare la sua consumazione in tutta comodità, a pochi passi dal personale medico che può monitorare l’esito della donazione e il benessere del donatore per tutto il tempo necessario.

  Possiamo dire che saranno più spesso i donatori, e non il sangue donato, a spostarsi? Sì, perché è più sicuro sia per i donatori sia per i riceventi. Le persone al giorno d’oggi hanno una mobilità molto maggiore. Studiano in una provincia, lavorano in un’altra, abitano in un’altra ancora. Il donatori devono essere informati del fatto che qualche chilometro in più aumenta gli standard di sicurezza e di comfort anche per loro. Che hanno la possibilità di donare in strutture migliori, più adeguate e più attrezzate, e che questo piccolo sacrificio fa in modo che il sangue raccolto sia sempre più sicuro e se ne sprechi sempre meno. Devono sapere insomma che il loro gesto è effettivamente (oltre che simbolicamente) utile al sistema trasfusionale e ai bisogni dei malati. Per rendere la vita più semplice ai donatori stiamo anche lavorando affinché la raccolta del sangue intero, così come già avviene per il plasma, sia solo su appuntamento. All’Ospedale Bellaria partiremo nei prossimi giorni con un punto di prelievo esclusivamente su appuntamento, sia per i donatori Avis che Fidas. In questo modo si eliminano le file e si riducono i tempi di attesa. Immaginate quanto è più sereno un medico che sa esattamente quanti donatori dovrà visitare: potrà dedicare ad ognuno il tempo necessario, senza la pressione psicologica dovuta dal fatto di sapere che ci sono molte persone in fila, e che dovranno aspettare anche un paio d’ore per essere visitate. E’ mia opinione che questa riorganizzazione permetterà ai volontari Avis e Fidas di concentrasi di più su tutte quelle attività indispensabili e preziosissime di diffusione della cultura della donazione. Non sono certo le sedi sociali che devono diminuire, solamente i punti di raccolta.

  In tema di raccolta abbiamo davanti una scadenza importante, il percorso di accreditamento richiesto dalla Comunità europea che va completato nel 2014. Centreremo gli obiettivi in tempo? Temo che da questo punto di vista siamo un po’ in ritardo. Stiamo però procedendo con un calendario serrato e definito, e con le scadenze ben presenti. Credo che la stesura del nuovo Piano Sangue aiuterà questo processo e ci permetterà di recuperare terreno. Ad ogni modo sono ottimista perché ho ben presente le potenzialità e la natura delle persone, delle strutture e delle associazioni di questa regione.    

di Beba Gabanelli

Foto di Beppe Castellano

 

 

 

 

 

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