La decisione di Washington appare in linea, pur con alcune specificità, con quanto recentemente stabilito da altri Paesi come la Francia (che aprirà alle donazioni omosex nel 2016) e con quanto attuato in Italia dal 2001.
“La scelta americana – ha commentato il presidente di AVIS NAZIONALE, Vincenzo Saturni – per quanto non ancora del tutto identica a quella italiana, conferma l’importanza e la valenza scientifica di avere come criterio fondamentale per la selezione del donatore il concetto di comportamento a rischio e non di categoria a priori a rischio. Questa distinzione – che è pratica quotidiana in Italia – permette di garantire la massima sicurezza a donatori e pazienti, rifuggendo qualsiasi tipo di discriminazione”.
Il bando era iniziato negli Usa nel 1983 con il diffondersi dell’Aids. “Nel rivedere le nostre politiche per contribuire a ridurre i rischi di trasmissione dell’Hiv tramite prodotti di sangue abbiamo rigorosamente esaminato diverse alternative e la finestra di attesa di 12 mesi è supportata dalle migliori evidenze scientifiche”, ha spiegato Peter Marks, vicepresidente della Fda. Negli ultimi 30 anni, sempre secondo i dati FDA, il rischio di trasmissione HIV da trasfusione è passato da 1 ogni 2.500 a 1 ogni 1.500.000 sacche. Sui 12 mesi di attesa imposti prima della donazione, alcune associazioni gay hanno polemizzato sostenendo che continua a discriminare gli omosessuali.