West Nile Virus: tutto quello che c’è da sapere

Secondo gli ultimi aggiornamenti di Epicentro (Centro nazionale per la prevenzione delle malattie e la promozione della salute) dell’Istituto superiore di sanità, da giugno a fine agosto sono stati segnalati circa 250 casi umani dell’infezione e dieci sono stati i decessi.

Abbiamo approfondito l’argomento con il dottor Fabrizio Pregliasco, che – oltre ad essere presidente di una grande associazione di volontariato come ANPAS – è infettivologo e professore aggregato di igiene generale ed applicata all’ Università degli Studi di Milano e Direttore Sanitario presso l’IRCCS Galeazzi di Milano.

 

 

Anche quest’estate il West Nile Virus (o virus del Nilo Occidentale) ha occupato le cronache dei media italiani, facendo parlare – spesso con troppa enfasi – di emergenza. Ma è corretto parlarne in questi termini?

 

 

No, anche se ovviamente si tratta di una situazione da tenere sotto controllo. Il Ministero della salute ha organizzato dal 2008 un sistema di monitoraggio – perché è da quell’anno che abbiamo registrato i primi casi – che coinvolge medici e veterinari.

Si può parlare di esempio positivo di collaborazione tra sanità pubblica, veterinari e Comuni.

Nello specifico, il sistema sangue – grazie al Nat test – su WNV – permette di non privarsi di una risorsa strategica fondamentale quale sono i donatori, che – come vedo quotidianamente nel mio lavoro ospedaliero – non possiamo permetterci di perdere in nessun momento dell’anno.

 

Da cosa è causata l’infezione West Nile?

 

Ne è responsabile un virus della famiglia dei flavivirus, chiamato West Nile (in italiano “virus del Nilo Occidentale”, noto anche con la sigla WNV) e isolato per la prima volta in Uganda nel 1937. Con il passare degli anni si è diffuso praticamente in tutto il mondo. In Italia è stato individuato per la prima volta verso la fine del secolo scorso questo secolo. I virus che hanno provocato la malattia quest’anno sono autoctoni, cioè non sono arrivati al seguito di viaggiatori ma si sono sviluppati nelle nostre zone.

 

Come avviene la trasmissione?

 

Il contagio non avviene mai da uomo a uomo ma sempre e comunque con la mediazione di un cosiddetto “vettore”. Il vettore del WNV è nella maggior parte dei casi una zanzara di tipo Culex, che, se infetta, può inoculare il virus attraverso la sua puntura. Le zanzare Culex non si distinguono dalle altre, almeno se non si è superesperti e con l’occhio allenato. Si sa inoltre che può fare da vettore anche la zanzara tigre, che punge anche di giorno e si distingue dalle altre per avere il corpo rigato. Anche se raramente l’infezione contratta dalla donna in gravidanza può essere trasmessa al bambino.

 

Quanto è lungo il periodo di incubazione?

 

Il periodo di incubazione, che è l’arco di tempo compreso tra l’ingresso del virus nell’organismo e la comparsa dei sintomi è molto variabile. Può andare dalle 48 ore circa fino alle due settimane.

 

Anche gli animali si possono ammalare?

 

Sì la zanzara trasmette la malattia anche agli animali. Di solito si tratta di uccelli e cavalli, ma ci sono casi di infezione anche tra cani, gatti, conigli.  Gli animali come l’uomo sono però “ospiti occasionali” quindi non si trasformano in serbatoi dell’infezione. Questo significa che il contagio tramite vettore oltre che non avvenire tra uomo e uomo non si verifica neppure tra animale e uomo

 

Con che sintomi si manifesta la malattia? 

 

Solo in circa il 20% dei casi l’infezione dà luogo a sintomi, mentre nei rimanenti casi, che sono la stragrande maggioranza è del tutto asintomatica, quindi la persona non ha neppure consapevolezza di esserne colpita. I sintomi sono tendenzialmente lievi. Tra questi i più comuni sono: febbre (di norma non particolarmente alta), mal di testa, nausea, vomito, linfonodi ingrossati, eruzioni cutanee, dolori muscolari, malessere generale.

 

Nei bambini i sintomi sono più marcati rispetto a quelli che si manifestano negli adulti?

 

No, anzi è il contrario: nei bambini di solito la febbre è bassa, mentre tende a essere elevata e accompagnata da disturbi più significativi, tra cui mal di testa e indolenzimento muscolare, nei giovani adulti. A manifestare i sintomi più marcati sono invece gli anziani e le persone con il sistema immunitario indebolito. In questa casi particolari possono comparire tremori, disturbi alla vista, torpore, convulsioni, disorientamento, ovvero sintomi neurologici importanti, e diventa alto il rischio che si sviluppi la più temibile complicazione della malattia: l’encefalite, ovvero l’infiammazione del cervello che nei casi peggiori può avere conseguenze irreparabili.  L’eventualità è comunque statisticamente bassa: circa 1 caso su mille.

 

Come si effettua la diagnosi?

 

La diagnosi in prima battuta viene effettuata dal medico sulla base dei sintomi osservati. La conferma si ottiene ricorrendo a specifici  test di laboratorio eseguiti sul sangue o, in casi particolari (quando vi è il sospetto di encefalite) sul fluido cerebrospinale.

 

Come si cura il West Nile?

 

Non esiste una cura specifica per combattere l’infezione. Per fortuna, quasi sempre i vari sintomi spariscono spontaneamente dopo alcuni giorni. Nei casi peggiori possono però protrarsi anche per settimane. In caso di sintomi molto gravi può essere necessario il ricovero in ospedale, per tenere sotto controllo la respirazione e l’idratazione del corpo.  Per abbassare la febbre va bene il paracetamolo. Si possono usare anche antidolorifici (FANS, cioè antiinfiammatori non steroidei) per diminuire il malessere generale).

 

Come si previene la malattia?

 

Poiché purtroppo non esiste un vaccino contro l’infezione l’unica prevenzione consiste nell’evitare di essere morsi dalle zanzare, sia proteggendosi direttamente sia facendo in modo che non proliferino in casa, terrazza, balcone, giardino. Si devono quindi usare prodotti repellenti sulle zone scoperte del corpo. Nei bambini piccoli l’applicazione di questi prodotti va fatta ai bordi di magliette e camicini. I ventilatori, anche a movimento lento, tengono lontane le zanzare.  Sono utili le zanzariere, da mettere anche alle finestre. Sule finestre, quando sono aperte, si possono mettere gli zampironi.  E’ di fondamentale importanza non lasciare acqua stagnante nei sottovasi delle piante, cambiare spessissimo l’acqua della ciotola di cani e gatti, perché le acque “ferme” sono un habitat ideale per le zanzare.

 

Occorre sapere che le zanzare portatrici dell’infezione generalmente acquisiscono il virus succhiando il sangue di un uccello infetto. Sono numerose le specie di uccelli selvatici, sia migratori che stanziali, che rappresentano il serbatoio naturale del West Nile più frequente. Tra gli uccelli-serbatoio: gazza, cornacchia grigia, ghiandaia, storno, rondine, rondone, merlo. I focolai dell’infezione sono più frequenti tra giugno e ottobre quando si registra la presenza contemporanea di numerose specie di uccelli e di zanzare.  Non c’è dubbio che anche l’aumento delle temperature degli ultimi anni, unito alle migrazioni degli uccelli e alla globalizzazione dei viaggi, abbia favorito la diffusione del virus.

 

Non potevano non chiedere al dottor Pregliasco qualcosa riguardo all’impegno di ANPAS dopo il crollo del ponte Morandi del 14 agosto scorso.  Come vi siete mossi a Genova?

 

La nostra è stata un’azione istantanea, visto che in Liguria siamo molto presenti e gran parte delle ambulanze del 118 erano nostre.

Come sempre facciamo, attraverso il dipartimento regionale del servizio civile, abbiamo garantito e garantiamo ambulanze di stazionamento per il personale che sta lavorando in condizioni non troppo agevoli. Ci dedichiamo soprattutto alla produzione di pasti, fornendone circa 2.000 al giorno al personale che lavora lì in modo continuo e altri 500 pasti agli sfollati degli edifici sottostanti.

C’è qualcosa dal punto di vista umano che l’ha colpita in questa tragedia?

 

La vicinanza della comunità, senza dubbio, al di là di tutte le polemiche o le discussioni sui social network. Una comunità che, pur nel dolore, sta reagendo.

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